giovedì 30 marzo 2006

Imposte, tasse e servizi erogati. Cosa è buono e cosa è giusto.

Le tasse, o meglio le imposte, sono un argomento scottante in questi giorni che precedono le elezioni.
Essenzialmente le imposte servono a sostenere tutti quei servizi che lo Stato, ma anche Regioni, Province e Comuni, danno ai cittadini.
Ora diminuire le imposte, come vuole il centro-destra, può anche andare bene, ma fino ad un certo punto e credo che ci siamo già arrivati!
In effetti lo Stato non può avere meno introiti e per questo offrire meno servizi. Non è cosa “né buona né giusta”. Non è possibile che tutti coloro che vanno in pensione non debbano essere sostituiti; fino a qualche anno fa c’era, forse, un’eccedenza di personale nei diversi servizi pubblici e questo, in parte, è vero; però non dappertutto, inteso come servizi e come disposizione geografica, era così. Ormai da parecchio tempo c’è il blocco delle assunzioni e tutti i servizi ne risentono. E non vengano fuori i soliti “liberali e privatisti” che affermano, con grande disinvoltura e sufficienza, che il dipendente pubblico non lavora. “Non è cosa né buona né giusta”.
Diminuire le tasse/imposte senza che ne debbano soffrire i servizi è anche “cosa buona e giusta”, però non si capisce fino a che punto debba arrivare la “razionalizzazione”, come intende l’attuale governo. Esistono servizi che oltre un certo limite di “razionalizzazione” vanno in crisi.
Ridurre gli introiti per poi ridurre i servizi non è una politica “né buona né giusta”!
Ridurre il personale sanitario per risparmiare sulla spesa “non è cosa né buona né giusta”. Tanto chi ha i soldi si paga la sanità e chi non può … crepa! Non è “né buono né giusto”!
La scuola: chi può manda i figli nella scuola privata, che viene anche sovvenzionata dallo Stato (non è cosa “né buona né giusta”), e chi non può li manda alla scuola pubblica che, con sempre meno soldi, diventerà una scuola per poveri dove gli insegnanti saranno sempre meno e non i migliori. Anche questo non “è cosa né buona né giusta”!
E allora? Fare pagare le imposte a chi non le paga (e sono tanti) e a chi ne paga meno del dovuto in base al suo reddito (e anche questi sono tanti). Cosa “buona e giusta”!
Quindi è bene integrare le piante organiche della Guardia di Finanza e degli Uffici Finanziari/Tributari oltre a fornire a queste strutture tutti i mezzi necessari.
Abbiamo visto a Venezia ed in provincia, ma ogni giorno si leggono sulla stampa casi analoghi, come numerosi individui evadevano il fisco; e non si tratta di spiccioli! (vedi articolo de Il Gazzettino del 30 marzo u.s.).1
Ci sarebbe anche l’opzione di pagare meno i politici. Anche questa “è cosa buona e giusta”!. In questo caso, però, i cittadini si troverebbero contro coloro che hanno eletto.2 Di risparmi in questo campo ce ne sarebbero molti da fare.
Fra gli altri servizi da non ridurre all’osso metterei anche la Giustizia in modo che con più personale i processi verrebbero ridotti nel tempo (non vedo altro sistema) e così non cadrebbero in prescrizione soprattutto quei dibattimenti legati alle truffe, all’evasione, ai falsi in bilancio 3 “et similia”, tutti processi nei quali sono implicati i ricchi che, con gli avvocati famosi che possono permettersi, procrastinano le cause fino alla prescrizione. “Né buono né giusto”.
Ed allora? Imposte pagate da tutti in forma proporzionale e progressiva in base ai veri redditi e servizi all’altezza di uno Stato moderno e democratico.
Resta sempre la speranza!

Note:
1 Se un poveraccio ruba una mela, magari perché aveva fame, trova il suo nome sbattuto sui giornali, mentre questi “signori” (possiamo chiamarli ancora signori?) restano anonimi. Non sarebbe male, invece, metterli alla gogna e forse, solo in questo modo, si potrebbero ridurre le evasioni e le elusioni.

2 Perché non proporre un referendum su questo argomento?

3 La legge sul falso in bilancio va ripristinata!

martedì 28 marzo 2006

Questa è la polizia che piace a Calderoli, Borghezio, Gentilini & C. e leghisti vari


PANCIA A TERRA - Uno sceriffo della contea di San Diego blocca a terra un manifestante che stava prendendo parte a un'agitazione contro nuove, severe leggi anti-immigrazione (Michael J. Kacmarcik/Ap)


Foto tratta da Corriere.it del 28.3.2006

domenica 26 marzo 2006

Ospedale di Mestre – Cardiochirurgia - Sempre i politici di mezzo!!!

Negli anni ’60, in pieno “boom” economico, ma anche un po’ prima e dopo, nel Veneto ed anche nel resto d’Italia, iniziarono a sorgere “ex novo”, oppure ad essere ristrutturati in crescita, numerosi ospedali posizionati in paesetti più o meno grandi. La voglia di avere la sanità sotto casa fu una moda molto costosa allora che, anche oggi, nonostante qualche difficilissimo ridimensionamento, continua.
Il tutto iniziò perché in queste, chiamiamole “cittadine”, località cominciava la carriera qualche politico, in genere democristiano, che poi raggiunse posizioni notevoli. Era, in definitiva, un “voto di scambio” e non vedo che ci sia un altro modo di chiamare questo modo di agire.
“Voi mi votate ed io vi faccio ottenere la costruzione e/o ristrutturazione dell’ospedale paesano”. Questo era l’”usanza”.
Ripeto, nel Veneto erano in maggioranza i democristiani mentre nelle altre ragioni potevano essere socialisti, socialdemocratici ed anche comunisti. Insomma il “boss” politico per essere rieletto, anche con un notevole numero di preferenze (allora contavano), prometteva, ovviamente con i soldi dello Stato, una “migliore sanità”!
Naturalmente la spesa crebbe in maniera smisurata e ci fu chi tentò di ridimensionare il fenomeno chiudendo qualche reparto, declassando l’ospedale o riducendolo ad un punto di primo intervento; la cosa non fu indolore. Sorsero comitati cittadini a difesa dell’ospedale sotto casa, oppure a difesa di qualche specialità portata in auge dal singolo primario. Ed anche in questo caso si vide che se c’era il “politico giusto” veniva riconosciuta la “specificità” del nosocomio o del territorio. Insomma anche nella fase di riduzione l’importante era avere qualche santo in cielo o, come si usa dire in Veneto, qualche “santolo”, l’equivalente di “padrino”.
E veniamo al caso di questi giorni. Siamo, come avrete capito, in Veneto, regione in cui è ancora in maggioranza il centro-destra alla quale partecipa anche la Lega.
L’assessore alla Sanità, Tosi, è un leghista veronese e quindi, dovendo ridurre qualcosa ha pensato bene di farlo in un territorio dove i leghisti non contano: il comune di Venezia. Qui c’è una Ulss che incorpora il comune predetto, quindi i territori di Venezia e di Mestre, più altri tre comuni più piccoli confinanti (Marcon, Quarto d’Altino e Cavallino-Treporti).
Sta nascendo (proprio in questi giorni sono giunti al tetto) il nuovo ospedale di Mestre che sarà attivo a fine 2007. Ma già il vecchio ospedale (Umberto I) opera egregiamente anche se con molte difficoltà. Una delle specialità considerate “fiore all’occhiello” della sanità veneziana e mestrina è la cardiochirurgia diretta dal primario Dott. Claudio Zussa.
Cosa ha pensato l’assessore leghista? Nel Veneto, anche secondo i parametri europei (quando vogliono si sentono anche europei i leghisti), le cardiochirurgie devono essere solo tre ed allora resterebbero Padova, naturalmente intoccabile, Verona, dove l’assessore Tosi raccoglie i voti, e Treviso, roccaforte leghista.
Maurizio Dianese su “Il Gazzettino” del 25.3.2006 scrive: “… Nel caso di Mestre sarà Treviso - secondo l'ipotesi di Tosi - a coordinare le cardiochirurgie di Mestre e Belluno. E a Mestre è scoppiato già il putiferio. Gli ottimisti dicono che è solo un modo per accontentare Lia Sartori, la potentissima padrona di Forza Italia, che ha chiesto un posto al sole per il professor Carlo Valfrè, suo amico personale. Il quale, dunque, si limiterà ad incassare il premio e amen.” Che bassezze!!! E continua: “I pessimisti invece ricordano che a suo tempo Valfrè cercò di mettere il cappello su Mestre e dovette ritirarlo perché l'allora direttore generale dell'Ulss, Carlo Crepas, gli tagliò la consulenza e chi s'è visto s'è visto. Dunque, Valfrè si vendicherà di Mestre. Quel che è certo è che il nuovo ospedale di Mestre rischia di nascere "sotto tutela", come succursale di Treviso, che avrà avuto anche i quarti di nobiltà, ma ormai non è più l'Ulss di un tempo. … “ (Vedi articolo completo).
Forse la mia è una difesa di parte visto che sono stato uno dei “clienti” del primo anno di attività a Mestre dei cardiochirurghi “fondatori”, il citato Dott. Zussa e l’aiuto Dott.Elvio Polesel (allora erano solo in due), però mi chiedo se qualcosa funziona (a Mestre si attende ora al massimo quattro mesi per un’intervento programmato, mentre a Treviso si va oltre l’anno) perché bisogna chiuderla o trasformarla? Anche solo unendola o mettendola in simbiosi con Treviso cosa migliorerebbe? Niente! Anzi, forse i più classificati “coordinamenti” e/o “supervisioni” porteranno ad un aumento delle liste d’attesa e non vi sarà alcun miglioramento per i pazienti. E poi, la sana concorrenza fra primari ed ospedali non serve?
Naturalmente, ora come allora, c’è subito chi protesta. Non si tratta, però, questa volta di cittadini fomentati da politici, ma, come si evince dalla lettera della Presidente dell’Associazione Amici del Cuore di Mestre, sono proprio coloro, od i loro famigliari, che hanno esperimentato la capacità di ci opera nella Divisione di Cardiochirurgia di Mestre.
Mi associo, quindi, all’appello degli Amici del Cuore di Mestre e mi auguro che anche nel nuovo ospedale ci sia ancora la cardiochirurgia!!!

Chi volesse sottoscrivere questo mio appello lo può fare inserendo il suo nominativo nei commenti.
Sarà mia cura trasmettere il tutto all’Associazione Amici del Cuore.

mercoledì 22 marzo 2006

Ora anche il turpiloquio!

Mi ero ripromesso di non continuare a girare il dito nella piaga, ma ho dovuto ricredermi, anche perché la piaga è sempre lui! Sempre "il vostro" (non il mio) Silvio!
Come si fa a stare zitti quando ogni giorno ne succedono di tutti i colori. Non si sa più se ridere o piangere perché c’è poco da scherzarci sopra quando un uomo che dovrebbe svolgere il suo lavoro, la sua missione, senza essere sempre sul palcoscenico si permette, invece, di esternare, di arrabbiarsi, di fare il martire (tutti sono contro di lui) e di offendere il prossimo.
Dopo aver fatto le corna durante la posa per una fotografia ufficiale a livello di capi di governo europei, dopo aver detto di aver fatto la corte ad una signora che in Finlandia fa seriamente il suo dovere come capo di quel governo, dopo aver dato del “kapò” ad un eurodeputato tedesco, dopo tante altre esternazioni che hanno fatto sorridere per la mancanza di serietà di questo uomo, ma, ripeto, sarebbe da piangere, è ora la volta di rivolgersi con un battibecco a chi, al di là del cordone di sicurezza, lo contesta e per controbatterlo il “vostro” (non il mio) usa termini che, una volta, venivano definiti come “linguaggio da caserma”.
C’è un modo di dire a Venezia che recita “Aver le spale fate a copo” cioè si parla di un individuo che ha le spalle che scendono molto, come una tegola dove cade la pioggia, anche molta pioggia, che non vi rimane, che scivola via. E questa dovrebbe essere, metaforicamente, la prima dote di un politico, oltre, è cosa ovvia, all’intelligenza (non la furbizia che è altra cosa).
Per questo trovo veramente osceno che il “vostro” (non il mio) abbia ribattuto al giovane contestatore :”Tu non ti puoi permettere, tu sei un coglione!” (Corriere della Sera del 22.3.2006, ma questo è un giornale di sinistra). Secondo l’agenzia ADN-Kronos (chissà da che parte pende?) la frase sarebbe invece: ''Non puoi premetterti di parlare cosi'. Io sono una persona perbene, tu sei un coglione...''.
Il tutto perché questo giovane gli aveva ricordato un suo “scheletro nell’armadio” cioè quel Vittorio Mangano, mafioso e suo ex stalliere della villa di Arcore.
La contestazione era da parte di giovani studenti (liceali) senza passamontagna e senza caschi, e questo si può vedere dalle fotografie, durante ed alla fine di una riunione dei simpatizzanti di FI al Teatro “Carlo Felice” di Genova.
Durante gli scontri “leggeri” con la polizia sono state ferite due ragazze quindicenni.
Intanto, sempre secondo il detto veneziano di cui sopra, avrebbe dovuto andare avanti, far finta di non sentire e lasciar perdere: avrebbe fatto più bella figura e non sarebbero venute ancora allo scoperto le stranezze delle sue imprese passate (visto che si tratta di fatti passati ricordo anche l’acquisto per soli 500 milioni della villa di Arcore tramite il suo sodale Previti). E poi, come si permette di dare del tu, lui che pretende il “Lei” dall’imprenditore, e quindi “collega”, Dalla Valle. E per finire il termine “coglione”; lui, una persona ormai di una certa età, educato in ambiente cattolico (salesiani) ai tempi in cui il turpiloquio era peccato, effettivamente avrebbe fatto molto meglio a non trascendere.
Io, se fossi il giovane che si è preso del “coglione” dal capo del governo, sporgerei querela.
Ma perché il “vostro” non si prende un po’ di lezioni di “bon ton”, di “savoir faire”, dal maestro dell’ironia, il “divo Giulio” che risponde sempre tagliente ed anche con umorismo a tutti e senza offendere?

Anche le suore contestano l'uso della fede e della Chiesa per scopi politici.

Alcuni giorni fa inserivo in questo blog alcune notizie su rimostranze da parte di religiosi che hanno ricevuto l'opuscolo di Forza Italia.
Oggi mi tocca riprendere l'argomento per pubblicare la lettera che due suore missionarie comboniane hanno inviato al premier per contestare l'uso della fede e della Chiesa per scopi politici.
Sulla stampa viene dato risalto al fatto che le suore, di solito "poco propense a prendere ufficialmente posizione" in questa occasione si dimostrino "indignate per l'iniziativa editoriale"
Non faccio altri commenti e vi lascio alla lettura della lettera di Suor Anna Pia e Suor Tiziana


Gentile Premier e gentile onorevole,

oggi con grande sorpresa e sconcerto abbiamo ricevuto il vostro opuscolo dal titolo “I frutti e l’albero. Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della Chiesa”.
Noi non accettiamo e non ammettiamo che i membri del Governo possano servirsi della fede e della Chiesa per scopi politici!
Ciò è grave!! Con Gesù non si deve scherzare!! Noi spendiamo la vita a servizio del mondo dei poveri, dei senza tetto in tutte le parti del mondo. Io che scrivo con sentimenti d’indignazione, ho vissuto 50 anni in terra di missione (Uganda) dove ancora c’è tanta miseria a causa della guerra che dura da 20 anni e dalla quale sembra non ci sia via d’uscita. Una guerra assurda che obbliga centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a vivere in campi profughi vittime della fame, delle malattie e di continue violenze. E qui nel vostro opuscolo parlate di “frutti”, dello “stare dalla parte dei più deboli”, “del difendere e rispettare la vita”, “della solidarietà con i popoli più sofferenti” (cooperazione internazionale, remissione del debito…).
Noi suore missionarie dedicate ai più poveri e alle situazioni più disperate ed emarginate rifiutiamo questo vostro abuso nell’utilizzo di parole e concetti così profondi e importanti per noi e per tantissime altre persone solamente per ottenere (in modo deplorevole) VOTI!
Noi siamo persone libere con testa e cervello, sappiamo fare le nostre scelte senza che voi ci propiniate spiegazioni e “suggerimenti” elettorali assurdi e inaccettabili!
Vi chiediamo: perché questa ingente spesa per pubblicare questi opuscoli non poteva invece essere utilizzata per sollevare il tenore di vita di tanti cittadini italiani che vivono una squallida povertà?
Qui a Palermo, da tempo, noi serviamo uno dei quartieri più degradati del centro storico:
mamme che bussano ogni giorno alla nostra porta con l’ansia dello sfratto o della mancanza di soldi per sfamare i loro bambini o per pagare bollette della luce, del gas ecc… Persone ammalate che non possono procurarsi le medicine perché non mutuabili…
Ci chiediamo perché nel vostro libretto, così ben fatto e organizzato, non avete spiegato perché i più ricchi possono ottenere sempre tutto e gratuitamente mentre invece i più poveri (e sapete, in Italia ce ne sono sempre di più) non si possono permettere quasi nulla!
Invece che una miserabile e squallida pubblicità politica rivolta a tutte le parrocchie e agli istituti religiosi, si poteva organizzare (con le medesime spese) una campagna per la difesa dei diritti di tutti i cittadini italiani (non solo quelli di serie A). Allora si che si potrebbe cominciare a parlare in MODO SERIO e COERENTE di programma elettorale.
Per noi missionarie questi giochi politici non sono nuovi: quanti ne abbiamo visti nei paesi sotto dittatura!
Chiediamo che nella nostra Italia, che si dichiara democratica, ci sia più trasparenza e lealtà!
Abbiamo pure letto sul vostro libretto che avete creato leggi ispirate ai valori del Vangelo…Ma quali leggi? Quelle per gli immigrati? O quelle che tutelano i ricchi davanti alla giustizia? O ancora altre che sono il rovescio del comando divino, che dice di spartire il pane con l’affamato, il vestito con l’ignudo, la casa con il povero senza tetto o l’essere una cosa sola con TUTTI non escludendo però i poveri e le masse di disoccupati senza speranza!
E’ solo Gesù che può farci riconoscere dai frutti l’albero: e i vostri frutti – caro on. Bondi - quali sono stati? Forse la partecipazione alla guerra in Irak?
Noi facciamo un accorato appello a tutti i parroci, a tutti i religiosi/e affinché, con coscienza, riflettano sulla loro scelta per le prossime elezioni politiche.
Caro Presidente Silvio Berlusconi hai tanti mezzi a tua disposizione. Ti chiediamo allora, per favore, di non sfruttare in modo indegno il Vangelo e la Sposa di Cristo, la Chiesa.
E questa Sposa-Madre Chiesa non scenda più a compromessi con la politica.
Il nostro unico Signore e Maestro sia Cristo che offre la vita per tutti!

Suor Anna Pia De Marchi e suor Tiziana D’Agostino
missionarie comboniane

Palermo, 11 marzo 2006

domenica 19 marzo 2006

Due esempi molto significativi di malcostume.

Su IL GAZZETTINO di venerdì 17 marzo 2006 veniva riportata la seguente notizia:

“Cinque euro. È questa la cifra con la quale i deputati potranno riscattare dalla Camera il computer portatile Ibm Thinkpad T22 e la stampante Lexmark Z43 che avevano ricevuto in dotazione all'inizio della legislatura. Il portatile dell'Ibm dovrebbe avere un valore, nuovo e completo di stampante, non inferiore ai mille euro. Usato, stando a prezzi reperibili su internet, varrebbe all'incirca 470 euro. Insomma, un vero affare.”

Dopo le laute prebende avevano proprio necessità di questa regalia?
Questo ci domandiamo noi comuni mortali!
Così la prossima legislatura (anche a quelli che verranno rieletti?) un’altra cospicua fornitura di portatili e tutto sulle spalle di “Pantalone” che continua a pagare!
I politici, brutta genia, si dicono di tutto in questo periodo preelettorale, ma, quando si tratta di prendere qualcosa tutti sono d’accordo. E nessuno denuncia!

Ma c’è un’altra categoria, a Venezia, che crede di essere al di sopra della legge. E mi riferisco ai gondolieri.
Alcuni giorni fa due vigili urbani hanno effettuato dei controlli su quanto avevano pagato due turisti per un giro in gondola e se sulla stessa la tabella delle tariffe fosse bene in vista.
Niente di eccezionale, mi sembra, eppure …. apriti cielo!
Se non credete leggete il seguente articolo del 18.3.2006, sempre su IL GAZZETTINO:

«Nemmeno in Argentina usano certi metodi...». È fuori di sè, Roberto Luppi, presidente dei bancali. Tutto perché ieri pomeriggio un gondoliere è stato fermato da una pattuglia di vigili urbani durante un normale controllo. A bordo il gondoliere aveva una coppia di turisti greci, che stava trasportando per il solito tour romantico nei canali veneziani. Di spirito tutt'altro che romantico, le richieste dei vigili, stando al racconto di Luppi. Gli agenti hanno voluto verificare il rispetto delle tariffe e per questo prima hanno chiesto ai due turisti quanto avessero pagato la corsa e poi al gondoliere di mostrare la tabella con i prezzi, posta sotto il sedile dei passeggeri. Alla fine, tutto in regola e nessuna multa. Ma il fatto ha provocato un mare di polemiche.
«Mai vista una cosa del genere - è sbottato Luppi, non appena venuto a conoscenza dell'episodio - Ma che metodi sono questi? I due turisti, che parlavano greco, sono venuti da me chiedendomi se a Venezia la polizia ferma sempre i gondolieri e i turisti. La nostra non è una categoria di delinquenti. Ci spendiamo per mantenere le tradizioni veneziane, contribuiamo agli eventi e alle manifestazioni ogni volta che ci viene chiesto, lavoriamo come ogni categoria che si rispetti. Poi ci capita di assistere a episodi come questo, con metodi degni di un regime».
Luppi ha subito informato la segreteria del vicesindaco Michele Vianello, che ha competenza sul traffico acqueo e sulla polizia municipale, e ha anche annunciato l'interessamento dell'Ente gondola. Insomma, la vicenda non finisce qui.
«Per quanto riguarda questi tipi di controlli - conclude - spero che si sia trattato del primo e dell'ultimo. Lunedì invece ne parleremo con chi di dovere».


Ma chi credono di essere? I padroni di Venezia? E tutto questo perché fanno un mestiere diverso.
Ma avete mai visto le denunce dei redditi dei gondolieri? Sono ridicole!
Anni fa quando fu applicata la regola per la quale anche chi effettuava trasporto pubblico, come i taxi, doveva rilasciare lo scontrino fiscale, i gondolieri minacciarono di tutto per essere esentati; e lo furono.
Io suggerisco un bel controllo, da parte degli organi finanziari preposti, a tutta la categoria.

Ci sono giornali "cattivi" (traduzione: "di sinistra") anche all'estero!!!

In questi giorni sul giornale tedesco Die Welt, diffusissimo e importante quotidiano (stranamente non citato da Berlusconi nell’elenco dei giornali “cattivi” all’assemblea degli industriali a Vicenza), è venuto fuori un articolo antiberlusconico (vedi originale) che, tradotto dal mio amico e “corrispondente” Enzo Fantini, dice così:

Titolo: Berlusconi mette Blair in una situazione imbarazzante

sottotitolo: Il Capo del Governo italiano ha elargito denaro al marito di (una Signora) Ministro inglese

Sommario: Il Ministro della cultura inglese Sig.ra Tessa Jowell si separa dal marito, avvocato (specializzato in questioni) d’Economia. Egli ha avuto pubblicamente dal Primo Ministro Italiano Silvio Berlusconi una bustarella di denaro e con ció ha reso la vita difficile non solo a sua moglie ma anche al partito New Labour.

Dal nostro corrispondente Frank Herrmann

Londra. È un dramma di calibro shakespeariano, una storia, che tratta di denaro, amore e tragedie private. Il punto cruciale per ora: Tessa Jowell, ministro inglese per la cultura e lo sport, si separa dopo 27 anni di matrimonio da David Mills, il suo marito compromesso.
I cinici tra i commentatori dicono:“ Lei vuole salvare la pelle“.In effetti si fa avanti il sospetto che la Jowell dia il benservito al coniuge circondato dallo scandalo, per salvare se e il resto del Gabinetto da ulteriori seccature. Lei ha persino descritto drasticamente una volta la sua fedeltà al Primo Ministro Blair „mi butterei davanti ad un bus per salvare Tony“. Mills dalla sua ha scagionato totalmente la moglie. Lui è scosso dall’averla messa in tante seccature:“Speriamo che si possa di nuovo „riincollare“ la relazione (familiare)“.
Si tratta di 600.000 dollari, non dichiarati al fisco. La Ministro vuole sostenere di non averne saputo nulla che il marito ricevette sei anni fa una donazione pecuniaria dall’Italia, di dimensioni tali da ammortizzare in un colpo le ipoteche gravanti sull’abitazione londinese della Coppia. La domanda di credito per l’immobile fu firmata anche da Lei, ma che il prestito sia poi stato estinto poche settimane dopo, non Le sarebbe noto.
Diventa politica il tutto solo attraverso un nome: Silvio Berlusconi.
Fu 25 anni fa che Mills, un avvocato d’alta caratura, incominció a lavorare per il Magnate die Media. Berlusconi voleva evitare le tassazioni sui guadagni realizzati dai diritti cinematografici. L’inglese ricco di inventive, specializzato in diritto internazionale economico, lo aiutó a costruire un impero di ramificato di ditte „da cassetta delle lettere“ (si chiamano qui quelle ditte delle quali esiste solo una cassetta per le lettere). Dalla Svizzera attraverso Gibilterra fino alle Isole Vergini si estendeva l’impero.
Mills nel 1997 e nel 1998 dichiaró ad un giudice italiano in favore del suo Mandante, che „Il Signor B“ risparmió grandi seccature con ció, come egli stesso notó, e di essere stato poi principescamente ripagato. Tramite questi conti-oltremare fluirono i 600.000 dollari fino al Tamigi, dove l’avvocato li prelevó per saldare le ipoteche.
Qualcuno dice che le lavó.
Lui nega sempre ancora che andó cosí. Ma i dileggiatori sussurrano: Ma di che cosa parlava la Jowell con suo marito alla mattina davanti all’ovetto della colazione?

mercoledì 15 marzo 2006

RAVEO (Carnia) - Chi vuole aprire una cava di gesso nel piccolo paese carnico indagato per corruzione

Maurizio Grigolin che vorrebbe aprire una cava di gesso a Raveo, è indagato per corruzione!!!

Sul problema della ventilata apertura di una cava di gesso a Raveo da parte del “Gruppo Grigolin” di Caneva di Sacile se ne parla da qualche anno.
L’Amministrazione Comunale del piccolo paese carnico, seguita dalla maggioranza della popolazione, è contraria in quanto paventa un disastro ambientale.
Il gruppo Grigolin, ed in particolare Maurizio Grigolin, proprio in questi giorni è stato inquisito per corruzione, in compagnia del sottosegretario alle infrastrutture Silvano Moffa, esponente di An e candidato alla Camera nel collegio Lazio 1 e anche in quello del Molise dove è il numero due dopo Gianfranco Fini.
Su quest’ultima notizia ("Corriere della sera" del 10 marzo 2006)e sul relativo comunicato stampa del Sindaco di Raveo Daniele Ariis, si rimanda alla pagina del sito relativo alla storia della cava. (http://www.piovesan.net/raveo/Rassegna%20stampa.htm )
Una delle cose evidenziate dal Sindaco è che, nonostante tutto (contrarietà della popolazione, danno ambientale e quant’altro), il responso alla pratica della Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.) è ancora fermo, da oltre un anno, negli uffici della Regione FVG!!!
Cosa si aspetta???



Per ulteriori notizie sulla storia della cava http://www.piovesan.net/raveo/index.asp

martedì 14 marzo 2006

Ancora sulle iniziative di dubbio gusto del centro-destra di appellarsi alla Chiesa!

Con il “post” intitolato “Le forze di destra tentano di condizionare la Chiesa” del 9 marzo, diffondevo una notizia recuperata in internet, dopo averne appurato la veridicità, relativa ad un opuscolo che il “forzista” Bondi aveva inviato, presumibilmente, a tutti i parroci d’Italia. Subito c’era stata una dura reazione da parte di un parroco abruzzese ma, dopo alcuni giorni, altri esponenti del mondo cattolico rispondono per le rime disgustati soprattutto della faccia tosta dimostrata.
Una di queste cita, nel finale della risposta, quanto scritto nel V secolo d.C. e che di seguito riporto:
" Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga..., non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l'anima con il denaro" (Ilario di Poitiers, V sec. d. C.).
Sembra proprio di essere in presenza di una profezia predetta 1500 anni prima!!!

Vedi anche su http://insidesab.blogspot.com/2006/03/qualcunaltro-risponde.html
E su http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=18798&PHPSESSID=304e71848bf25b791c583249cabc62ac

Oltre al primo parroco ed ai rappresentanti di PAX CHRISTI, anche il responsabile del periodico della Diocesi di Vicenza, per quanto a mia conoscenza, hanno fatto conoscere la loro contrarietà a questa iniziativa propagandistica elettorale di dubbio gusto.

Chi fosse a conoscenza di altre iniziative è pregato di segnalarlo nei commenti.
Grazie.

P.S.- Anche da Catania Padre Salvatore Resca Vice parroco della chiesa dei santi Pietro e Paolo risponde!!!

sabato 11 marzo 2006

A proposito delle false autocertificazioni

Su Il Gazzettino di ieri, nella rubrica delle lettere al direttore, ce n'è una che cita la mia lettera dell'1 marzo (ripubblicata anche l'11 marzo)(vedi alcuni "post" precedenti) e rincara la dose. Per questo motivo la riporto sul mio blog anche sperando che la pressione continua di diversi cittadini possa servire a qualcosa. Per quanto mi riguarda continuerò, ad un mese della mia prima lettera, a chiedere pubblicamente a che punto siano i controlli e le conseguenti indagini.
Preciso infine che non conosco il firmatario delle lettera che segue.
______________________________
Il Gazzettino – 10 marzo 2006

A proposito delle false autocertificazioni

Ha ragione il sig. Sergio Piovesan a parlare di disonestà relativamente alle autocertificazioni false - ed ha ancora più ragione ad affermare che si tratta di volontà - volere è potere! Basta, basta, e basta!
Ci sentiamo presi in giro, dall'amministrazione comunale, dalle guardie di finanza, dai vigili ecc. ecc. Ma stiamo scherzando? Nel 2006 non si riescono ancora a stanare coloro i quali evadono il fisco?
Le autocertificazioni agli italiani non servono bisogna pretendere il modello 730, intanto, ci sono migliaia di case, che risultano sfitte, e che invece vengono affittate in nero a studenti e stranieri. Lo sappiamo tutti. Solo la finanza non lo sa.
Il catasto è un organo trasparente rivolgetevi agli operatori per trovare i furbi, suonate ai campanelli delle case, fate opera di terrorismo. Quando ci vuole, ci vuole.
La guardia di finanza, attraverso gli amministratori di condominio, si faccia elenco di tutti i condomini con portierato. I portinai non possono affermare di non saper nulla, anche perché sono pagati per vigilare il via vai delle persone. Interrogateli... E ne scoprirete delle belle.E i taxisti acquei? E i gondolieri? Andate a verificare il loro tenore di vita. E coloro i quali hanno beneficiato della legge speciale, rivendendo poi la casa, perfettamente restaurata con i soldi della collettività, a prezzo esorbitante.E coloro i quali beneficiano dell'assegno di accompagnamento, pur nuotando nell'oro sono persone anziane, per carità, in cattiva salute, d'accordo, ma pur sempre piene di soldi.
Conosco una persona che ha ottenuto l'assegno ed è proprietario di 10 case. Non è uno scandalo?

Celeste Boaretto
Venezia

venerdì 10 marzo 2006

Democrazia diretta

Quando apparve il manifesto di Movimento Zero, iniziativa politico/culturale (o culturale/politica?) di Massimo Fini, uno dei punti che più mi colpirono, in senso positivo, fu quello che diceva: “SI’ alla democrazia diretta in ambiti limitati e controllabili”.
Senza entrare subito nei vari pro e contro di quest’affermazione mi concentrai soprattutto sulla sua prima parte, cioè “sì alla democrazia diretta”, anche perché mi tornò alla mente, strani scherzi delle sinapsi, una poesia che da ragazzino avevo studiato alle medie inferiori, “Il comune rustico” di Giosuè Carducci.
Forse il collegamento nacque dal fatto che la stessa fu scritta quando il poeta soggiornò in Carnia, terra a me cara; “ … o noci della Carnia addio!” recita un verso.
Ed ancora, proprio i versi che più si legano all’argomento trattato, “ … ma del comun la rustica virtù / accampata a l'opaca ampia frescura / veggo ne la stagion de la pastura / dopo la messa il giorno de la festa”. Ecco quindi gli antichi paesani decidere le zone del pascolo pubblico, ma anche, all’occorrenza, la difesa dei confini dagli invasori. “E voi, se l'unno o se lo slavo invade, / eccovi, o figli, l'aste, ecco le spade, / morrete per la nostra libertà”.
Ma il momento culminante si ha nel verso “A man levata il popol dicea, Sí “.
A chi rispondono sì? Al console, a colui che è stato eletto per rappresentarli, magari per guidarli nel combattimento. Ma allora era vera “democrazia diretta”? Era senz’altro un misto fra democrazia rappresentativa e quella diretta e quest’ultima veniva esercitata dal popolo nelle decisioni più importanti per la comunità. Però, rientrando nel testo della poesia troviamo “ … Ma le donne piangenti sotto i veli / invocavan la madre alma de' cieli.”, che ci rivela come l’assemblea che decideva fosse stata esclusiva degli uomini.
Non c’è dubbio che l’espressione “democrazia diretta” sia affascinante perché è la forma di democrazia ideale, ma la domanda che mi posi, non appena i ricordi giovanili e fantastici lasciarono il posto al raziocinio, fu: “È proponibile ai giorni nostri un tipo di democrazia simile a quella del comune rustico?”.
Ed ecco la seconda parte dell’affermazione “finiana”: “ … in ambiti limitati e controllabili.”. Se mi è chiaro il termine “limitati” non riesco a capire cosa viene inteso per “controllabili”.
Evidentemente con “limitati” si vuole mettere dei paletti, chiamiamoli così, sia numerici, cioè decisioni prese da assemblee popolari limitate nel numero, sia di concetto, cioè a ben determinati argomenti.
Esistono oggi esempi di democrazia diretta? Il “referendum” è l’unico esempio che però, soprattutto in Italia, è praticato poco. Si può affermare che anche l’assemblea di condominio è una forma di democrazia diretta? No, neppure questa lo è perché nella fattispecie non conta la maggioranza delle teste ma quella dei millesimi di proprietà; vi è, quindi, più un’oligarchia che una democrazia poiché poche persone, possessori di una maggioranza di quote, possono imporre la propria volontà sulla maggioranza delle “teste”.
Quanto devono essere limitati numericamente gli ambiti? Questa sì che è una bella domanda!
Forse bisogna limitare ai Comuni? Ma a quali Comuni? Quelli fino a mille, duemila o tremila abitanti? E gli altri? Il problema non è facile da risolvere.
Ci sono argomenti che possono essere decisi dalle assemblee popolari ed altri no?
Vorrei provare ad esemplificare qualcosa nella realtà che conosco meglio, cioè nella mia città, Venezia, e trattare di un argomento, il moto ondoso, che da anni non viene risolto. Come si sa i mezzi di trasporto acquei moderni provocano un consistente moto ondoso che pone il problema della sopravvivenza fisica degli edifici secolari che formano il contesto urbano della città insulare.
Con la democrazia rappresentativo, il Consiglio Comunale ed il Sindaco in prima persona, anche nella sua posizione di “Commissario straordinario al moto ondoso” (nominato direttamente dal Governo e quindi non si parlerebbe di “democrazia”) ha provato a mettere delle regole alle quali le varie lobby (trasportatori, commercianti, motoscafisti regolari e “abusivi”) hanno presentato ricorso al TAR ottenendo la sospensione; e siamo ancora in alto mare (“mare forza 10”).
Potrebbe essere questo un argomento da sottoporre ad un’assemblea cittadina? I votanti che dovrebbero dare un parere sarebbero circa quarantamila (i residenti del centro storico sono sessantamila compresi coloro che data l’età minore non possono votare). Ma come dovrebbero esprimere il loro voto? Un’assemblea convocata in uno stadio? Improponibile! Pochissimi parteciperebbero e la maggioranza sarebbe formata da chi è interessato al problema direttamente e cioè dalle lobby citate prima. Sarebbe un voto distorto che non rappresenterebbe senz’altro il parere della città. Esclusa l’assemblea popolare generale non resta che il “referendum”, in questo caso propositivo di più proposte diversificate, proposte a grandi linee che poi dovrebbero venire regolate; una specie di votazione su una “legge quadro”. Comunque non sarebbe una cosa semplice e neppure molto facile da far comprendere a tutto il corpo elettorale.
Vogliamo ridurre allora la “democrazia diretta” ai soli piccoli comuni? E fino a che limiti? Il problema non è semplice.
Allora, vogliamo lasciare tutto alla “democrazia rappresentativa”? E se poi gli eletti vengono fuori con una legge elettorale come quella in vigore per le elezioni politiche del 9-10 aprile 2006? In questo caso affermerei che la rappresentatività è veramente scarsa, quasi nulla! Tra parentesi questa legge elettorale sarà da abolire con un referendum abrogativo, subito dopo le elezioni, qualsiasi sia il vincitore!
La “democrazia diretta” è affascinante perché è la forma di democrazia ideale dicevo più sopra, però un sinonimo di “ideale” è “utopistico”.
Potrà, allora, la “democrazia diretta” diventare realtà o resterà solo un ideale, un’utopia?

giovedì 9 marzo 2006

Le forze di destra tentano di condizionare la Chiesa

Forza Italia, per mezzo del suo coordinatore Bondi, ha inviato in questi giorni a tutti i circa venticinquemila parroci un opuscolo del cui contenuto rimando all’articolo apparso su “IL GIORNALE” che ne spiega ossequiosamente il contenuto.
Ma come alcuni giorni fa un sacerdote di Genova si era fatto promotore di una lettera da inviare al Papa perché non ricevesse in udienza, a pochi giorni dalle elezioni, il Presidente del Consiglio, così un altro sacerdote, il parroco di Santa Croce di Antrosano di Avezzano (AQ) ha rispedito al mittente l’opuscolo con una lettera molto dura.
Naturalmente il sottoscritto, come cattolico, ha aderito, mettendo la sua firma, alla prima lettera, ed anche in questo secondo caso aderisce e plaude all’iniziativa di Don Aldo Antonelli.

N.B. – Prima di scrivere queste righe ho appurato che esiste la Parrocchia di Santa Croce di Antrosano di Avezzano (AQ) e che Aldo Antonelli abita nella stessa via della Parrocchia. Da questo si deduce che non è uno dei tanti abbagli della rete.

martedì 7 marzo 2006

Una precisazione, o meglio un'aggiunta, al "post" precedente.

Una doverosa aggiunta al mio “post” precedente, una notizia reperita nel “web”.
A proposito dell’importo per l’acquisto della villa di Arcore (500 milioni nel 1974), questo non fu pagato in denaro frusciante, ma in azioni di alcune società immobiliari non quotate in borsa, così che, quando la ragazza si trasferisce in Brasile e tenta di monetizzare i titoli, si ritrova con una carrettate di carta. A quel punto, Previti e Berlusconi offrono di ricomprare le azioni, ma alla metà del prezzo inizialmente pattuito. Una sentenza del Tribunale di Roma, nel 2000, ha assolto gli autori del libro "Gli affari del presidente", che raccontava l'imbarazzante transazione.

lunedì 6 marzo 2006

Le “confessioni” su Play Boy ed i retroscena sull’acquisto della villa di Arcore

Solo alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio confessò che in gioventù, quando studiava presso il collegio dei Salesiani, avendo ricevuto da uno “zio d’America” il calendario di “Play Boy”, scambiava con i suoi coetanei, e quindi barattava e vendeva, dieci minuti di “ammirazione” delle immagini con la merenda.
Sfruttava le debolezze umane dei suoi coetanei vendendo “illusioni”, in altre parole il guardare una foto, con qualcosa di concreto, una merenda!!!
Non si trattava ancora di denaro che, invece, sempre vendendo illusioni (TV), arriverà qualche anno dopo.
Che cosa facessero poi i suoi amici in quei dieci minuti non è dato a saperlo!!!
Però … erano tutti “buoni cattolici”!
E fin qui niente di male, a parte quel professarsi “buon cattolico”.
Sono passati gli anni ed “il buon cattolico” nel frattempo ha divorziato e continua a professarsi “cattolico”!!!
Dopo la giovinezza arrivano i primi affari. Di questo periodo un fatto che dimostra come “il nostro” sia arrivato al successo economico sempre sfruttando il prossimo.
Il fatto è conosciuto, ma non molto. Forse qualche giornalista ne sarà a conoscenza, ma non il gran pubblico, quello dal quale spera ricevere i voti.
Quello che segue è il riassunto di quanto scritto in un capitolo (XIII - Il delitto di Via Puccini) da Corrado Augias in “I segreti di Roma” (Arnoldo Mondatori Editore S.p.A. – Settembre 2005) e riguarda, come conseguenza, anche i retroscena dell’acquisto della villa di Arcore da parte di Silvio Berlusconi.
Detta proprietà immobiliare apparteneva al marchese Casati Stampa personaggio che, il 30 agosto 1970, nella sua casa di Roma, si tolse la vitaidò dopo aver ucciso la seconda moglie ed il giovane amante della stessa. La prima moglie, dalla quale aveva ottenuto l’annullamento dalla Sacra Rota, era già deceduta e gli aveva dato una figlia che, all’epoca del delitto, aveva 19 anni e, quindi, non ancora maggiorenne (allora si diventava maggiorenni a 21 anni).
Il testamento olografo del marchese lasciava erede universale la moglie da lui stesso uccisa; alla figlia la legittima.
I parenti della seconda moglie cercarono di entrare in possesso della cospicua eredità affidandosi all’assistenza legale di un certo avvocato Cesare Previti. Le perizie medico - legali accertarono che il marchese, suicida, era morto dopo la moglie e, quindi, l’unica erede restava la figlia di primo letto, affidata ad un tutore dal Tribunale dei Minorenni. Ed ecco che l’avvocato Previti, pur rappresentando gli interessi dei parenti della seconda moglie, contatta la giovane offrendole la propria assistenza, e ciò al di fuori di un onesto comportamento deontologico suggerito della professione.
La ragazza, stravolta dalla tragedia, accettò. Poi, essendo il tutore non un familiare (il senatore Giorgio Bergamasco), fu nominato un protutore, cioè avvocato della minore e suo rappresentante in caso di conflitto d’interessi con il tutore stesso. Il protutore fu l’avvocato Previti. La ragazza, anche per allontanarsi dai “media” e frastornata dalle incombenze legali, lascia l’Italia per il Brasile. Divenuta maggiorenne si emancipa dal tutore che, in ogni modo, rimane suo procuratore generale con ampi poteri e Previti, già protutore, resta suo avvocato. Naturalmente incombono le imposte di successione che, su un’eredità cospicua, non erano pochi spiccioli.
Per questi motivi la marchesina Casati Stampa affida incarico al suo avvocato (sempre Cesare Previti), nell’autunno del 1973, di vendere la villa di Arcore ed annesso parco, con espressa esclusione di arredi, pinacoteca, biblioteca e delle circostanti proprietà terriere. Nella primavera successiva (pochi mesi dopo) l’avvocato Previti telefona a Brasilia annunciando alla ragazza di aver concluso un “vero affare”!!! Ha venduto la villa di Arcore al completo, compresi quadri, biblioteca, arredi ed un parco immenso per ….. 500 milioni di lire (1974)!!! La ragazza evidentemente non si rende conto che la cifra sbandierata è quella che basterebbe per un bell’appartamento in centro a Milano.
Pochi giorni dopo l’acquirente Silvio Berlusconi, allora “palazzinaro”, s’insedia nella sontuosa villa senza versare la somma che, invece, liquiderà in comode rate coincidenti con le scadenze fiscali della ragazza che, oltretutto, figurerà proprietaria fino al 1980 e sulla stessa proprietà dovrà pagare anche le tasse!!!
Il contratto di vendita porterà scritto, per quanto riguarda l’oggetto del contratto stesso, “casa di abitazione con circostanti fabbricati rurali e terreni a varia destinazione”.
Ultima “perla”: poco tempo dopo la “casa di abitazione” pagata 500 milioni a rate, sarà ritenuta dalla CARIPLO quale garanzia sufficiente per un finanziamento di 7 miliardi e 300 milioni!!!

Commento finale (anche se non ci sarebbe alcun bisogno): ecco da dove deriva la strenua difesa del sodale avvocato Cesare Previti ed il voler abolire la tassa di successione sulle grandi eredità!!!!

sabato 4 marzo 2006

Furbetti e furboni veneziani ...

Come già scritto sul "post" precedente la mia lettera a IL GAZZETTINO di Venezia è stata pubblicata in data odierna. Inoltre, sempre sullo stesso quotidiano veneziano un altro articolo su "furbetti e forboni veneziani" di Davide Scalzotto tratta del medesimo argomento. Spero solo che la pressione della stampa continui e che, soprattutto, le istituzioni e tutti coloro che sono preposti ai controlli proseguano per la strada intrapresa.
Per opportuna conoscenza propongo qui sotto l'articolo citato e vedremo fra un po' di tempo se vi saranno dei nuovi risultati!!!!

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Furbetti e furboni veneziani trovano terreno fertile se c'è chi finge di non vedere

Due inchieste si stanno incrociando in questi giorni a Venezia, con un tempismo forse neanche tanto casuale.Quella di Comune e Guardia di finanza, sui contributi agli affitti, ha messo in luce che circa un terzo dei veneziani che beneficiano di soldi pubblici ha falsificato la dichiarazione Isee. Il Comune ne ha scoperti, per ora, 28 su 94. Sono i più sprovveduti, perché è bastato un semplice controllo incrociato con la dichiarazione dei redditi per portarli allo scoperto. Non si tratta infatti di grandi cifre evase e la sensazione è che per smascherare i veri "furbi", come ha detto la Finanza, ci sia da lavorare parecchio e più in profondità. L'inchiesta tuttavia ha fatto comunque vedere la volontà a mettere chiarezza in un settore che a Venezia ha sempre fatto discutere, quello dei contributi pubblici per la casa, alimentati dalla Legge speciale. Fenomeno che in parte ha aiutato chi ne aveva veramente bisogno, ma che soprattutto, alla lunga, ha contribuito ad alzare il livello dei prezzi delle case, perché se chi deve vendere o affittare un appartamento sa che l'acquirente o l'inquilino può beneficiare del contributo pubblico, subito rivede il prezzo comprendendo l'importo del sussidio. Il risultato raggiunto è stato che in centro storico vivono fasce basse che godono (per fortuna) dell'appoggio del pubblico e fasce alte che possono permettersi affitti e acquisti immobiliari considerevoli. La fascia media, quella che di solito contribuisce a rivitalizzare una città dal punto di vista economico e sociale, si sta erodendo sempre più e scappa. In mezzo a tutto questo, ci sono i furbi e bene farebbero a questo punto Comune, Agenzia per le entrate, Finanza, a proseguire nelle loro indagini perché, se è vero che i "furbetti" sono uno su tre, è anche vero che cercare di stanare i "furboni" (tanto per non far nomi, professionisti, funzionari e imprenditori che beneficiano di contributi pubblici) renderebbe giustizia ai primi e soprattutto agli onesti, che sono comunque pur sempre in maggioranza. Quindi si proceda con verifiche incrociate, magari andando a vedere chi ha il posto auto al garage comunale e magari paga affitti da caso sociale. E poi si faccia un'analisi seria di come sono stati spesi i soldi di Legge speciale per rivitalizzare Venezia. A fronte dei miliardi erogati, quante imprese hanno lasciato Venezia in questi anni? Quanti residenti se ne sono andati? Quante giovani coppie sono ritornate in città grazie ai contributi stanziati dal Comune? Guardare le drammatiche statistiche per avere la risposta.La seconda indagine sta riguardando il settore della ricettività extralberghiera, leggi bed & breakfast e appartamenti a uso turistico. Le associazioni di categoria giustamente si arrabbiano se un assessore comunale (Bortolussi) fa di tutta l'erba un fascio, ma il caso scoperto l'altro ieri dalla Finanza, quello di un vero e proprio hotel venduto in realtà a piani come affittacamere, è emblematico.Tre osservazioni. Prima osservazione: la legge in materia è talmente confusa che nemmeno Comune, Provincia e Regione sanno quello che dicono. Se è vero, come dimostra il fax inviato dal'Anbba (vedi colonnino a destra), che il requisito della residenza è già obbligatorio per chi gestisce un b&b, perché Bortolussi e l'assessore regionale Zaia dicono che bisogna cambiare la legge vigente e introdurre l'obbligo di residenza? Non basterebbe far rispettare ciò che è già previsto? Seconda osservazione: il potere di controllo su licenze, autorizzazioni e qualità delle strutture spetta alla Provincia. Come è possibile che, nel caso dell'affittacamere-hotel in Riva degli Schiavoni, agli uffici provinciali competenti sia sfuggito che allo stesso numero civico, invece di esserci un albergo, c'erano quattro appartamenti a uso turistico che non avevano denunciato i prezzi? Quanti altri casi simili ci sono? Chi verifica veramente, e con quali strumenti, la qualità delle strutture? Per dirne una: basta andare in internet e vedere quanti appartamenti vengono venduti a week end, quando invece la legge obbliga a locazioni, minimo, settimanali.Terza osservazione: non c'è dubbio che ospitare in un proprio appartamento i turisti sia un modo per alleviare il peso di un mutuo o di un affitto. Capita in Europa e in altre città italiane. Ma in quanti casi capita a Venezia? E in quanti casi, invece, appartamenti turistici e b&b sono dependance aperte dagli stessi albergatori o strutture gestite da società prestanome moldave, russe o con base in altri Paesi? Anche in questo caso, uscendo dal palleggio di responsabilità, i controlli andrebbero fatti. Magari ne uscirebbe qualche altra sorpresa.
Davide Scalzotto

giovedì 2 marzo 2006

Lettera inviata a IL GAZZETTINO il 1.3.2006

Questa è la lettera che, in data odierna, ho inviato al Direttore de IL GAZZETTINO di Venezia. Sul medesimo argomento avevo scritto anche ieri (vedi commento all'articolo sul "post" precedente), ma nulla è stato pubblicato. Stiamo a vedere cosa succederà a questa!!!
- 2.3.2006 - Non è stata pubblicata.
- 3.3.2006 - PUBBLICATA a pag. 19 dell'edizione di Venezia
- 11.3.2006 - Pubblicata nuovamente!!!

Egregio Direttore,
torno sul medesimo argomento trattato nella mia lettera di ieri 28.2 (non pubblicata) e cioè dei 28 personaggi, su 96, (il 30% !!!) che hanno rilasciato autocertificazioni false per ottenere i contributi per la casa. In primo luogo io non li definirei né furbi né pressappochisti, come fa l’assessore Mara Rumiz, e neppure “polli” come detto dal rappresentante della GdF; per me sono solo dei disonesti!!!
E sarebbe bene che questo venisse sottolineato da parte degli amministratori ed anche da chi è preposto ai controlli.
Ed a proposito di controlli sembra che quelli incrociati siano una novità ed invece tutto ciò è possibile tecnicamente, oltre che semplice, da parecchi anni; è solo questione di volontà. I controlli possono essere effettuati per qualsiasi autocertificazione, anche per quelle rilasciate al fine di non pagare il ticket sulle prestazioni sanitarie.
Ripeto: è solo questione di volontà.
Sarei curioso anche di conoscere cosa ne pensa la Chiesa su questo argomento. E’ giusto ricordare che Gesù Cristo ha detto: “Date a ( e non “prendete da”) Cesare …”!!!
Ringrazio e saluto.

mercoledì 1 marzo 2006

Venezia - Contributi casa, falsa una dichiarazione su tre

Martedì, 28 Febbraio 2006 il Gazzettino di Venezia pubblicava, con il titolo “Contributi casa, falsa una dichiarazione su tre” (I primi risultati di un’indagine Comune-Agenzia delle entrate confermano: troppi furbi per gli aiuti all’affitto), il seguente articolo del giornalista Silvio Testa:

Hanno creduto di fare i furbi, dovranno restituire i soldi e verranno denunciati dalla Guardia di Finanza per falsa autodichiarazione. Si tratta di 28 cittadini (in maggioranza residenti a Favaro) che l'anno scorso hanno pensato bene di dichiarare reddito zero al Comune per ottenere il contributo all'affitto, e che invece sono stati colti in fallo dai primi controlli incrociati avviati dopo l'accordo raggiunto poco più di un mese fa tra lo stesso Comune, l'Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza. Un accordo teso a verificare la reale condizione economica degli inquilini della case comunali o comunque delle persone assistite dall'ente pubblico sul fronte della casa.
Quelli beccati in castagna, dunque, sono 28 su soli 94 casi controllati finora, i primi su una graduatoria di 2.246 aventi diritto, quelli risultati i più poveri. All'apparenza poveri in canna. Davvero tanti. «Non credevo di trovare sorprese, mentre si tratta di un dato particolarmente significativo, che ha stupito anche me», ha commentato l'assessore alle Politiche della residenza, Mara Rumiz, sottolineando che il dato è davvero preoccupante soprattutto guardando alla ristrettezza del campione analizzato e alla banalità del controllo, che altro non è, al momento, che l'incrocio tra i contenuti delle autocertificazioni e quelli delle denunce dei redditi.
Evidentemente si riteneva che nessuno avrebbe controllato nulla. «E invece vogliamo lanciare un messaggio chiaro: guardate che facciamo sul serio», ha sottolineato l'assessore, annunciando che i controlli proseguiranno a tappeto. «Li estenderemo a tutti coloro che hanno presentato domanda - ha annunciato il direttore del Patrimonio del Comune, Luigi Bassetto - e li faremo anche sulle situazioni degli anni precedenti». L'assessore ha sottolineato che in una situzione di risorse limitate - restano pur sempre oltre 600 domande insoddisfatte, benché il Comune aggiunga di suo ai fondi di Stato e Regione - certe furbizie sono particolarmente odiose, perché danneggiano i soggetti più bisognosi. «Ora procederemo a degli approfondimenti», ha avvertito il tenente colonnello Alessandro Mazziotti, comandante del nucleo tributario della Guardia di Finanza.
Per ora i controlli riguarderanno coloro che hanno richiesto i contributi all'affitto, ma le indagini già ora cominciano a venire estese anche ai 4.552 residenti in un alloggio comunale. La prima verifica verrà fatta direttamente dal Comune, incrociando tutte le domande con le banche dati di Guardia di Finanza e Agenzia delle entrate, poi, sui soggetti a rischio - il popolo delle partite Iva - le verifiche verranno approfondite. «I controlli riguarderanno anche se il reddito dichiarato corrisponde a quello reale, o se in parte è occultato», ha aggiunto il coordinatore del Settore accertamenti dell'Agenzia delle entrate, Giuseppe Greggio, spiegando che verranno utilizzati sia gli accertamenti sintetici (capacità di spesa rispetto al reddito dichiarato) sia gli studi di settore. «E non guarderemo solo il reddito personale, ma i controlli verranno estesi dal soggetto intestatario di un alloggio ai componenti del nucleo familiare», ha concluso Gianna Peris, coordinatrice regionale del Gruppo analisi e ricerca dell'Agenzia delle entrate.
Se per l'affitto di una casa comunale la legge chiede di valutare solo i redditi, nel caso dei contributi all'affitto i redditi presi in considerazione sono invece quelli cosiddetti Iseef (dovrebbero fotografare redditi, patrimonio, tenore di vita), che valgono anche per altri servizi offerti dal Comune, come graduatorie per i nidi, ticket alle mense, etc. «Le verifiche - ha dunque concluso l'assessore Rumiz - verranno estese anche a questi settori».


COMMENTO alla notizia

“Privacy” o non “privacy”, una volta chi si comportava in questo modo veniva messo alla gogna; oggi non possiamo conoscere neppure le iniziali dei loro nomi. Però se un extracomunitario compie un furtarello al supermercato allora si che i giornali pubblicano nome e cognome!!! Sarei curioso di conoscere gli effettivi redditi (quelli Iseef) di questi “onesti” cittadini (ma possiamo ancora chiamarli cittadini?). Che lavoro o professione svolgono? Ed i loro famigliari?
E come mai così tanti nella zona di Favaro? Si sono passati la voce? C’è qualche “suggeritore”? Sarebbe opportuno che la Guardia di Finanza approfondisse anche questo aspetto.
Non c’è ombra di dubbio che l’esempio che arriva dall’alto, dai più ricchi, da chi ci governa, sia stato uno stimolo a compiere questo atto disonesto! Chi non paga le tasse (ed i più ricchi sono quelli che evadono maggiormente), ma anche i continui condoni su tutto, hanno fatto sì che questa piaga si allargasse anche ad altri strati di popolazione che, così, diventa partecipe del più praticato sport nazionale: alta acrobazia per non pagare le tasse!!!
Penso, e spero, che i così tanti imbroglioni non appartengano alla bistrattata categoria di coloro che sono a stipendio fisso; in caso contrario, oltre ad essere imbroglioni, sono anche stupidi. Penso, invece, che si tratti di persone dedite ad attività commerciali o alla libera professione, persone che già di loro sono evasori e che, fregando veramente chi ha bisogno, cercano di lucrare su tutto.
Mi auguro solo che, come anche asserito da assessore e dirigenti vari, le indagini continuino e che vengano controllati fino all’ultimo centesimo tutti coloro che hanno presentato la domanda di contributo.